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SOCIAL SUMMIT 2017: LAVORO EQUO, CRESCITA E PILASTRO SOCIALE EUROPEO

Fonte www.edf-feph.org – Si svolgerà dal 16 al 17 novembre in Svezia il Social Summit, incontro che riunirà i capi di Stato e di Governo dell’Unione Europea per discutere di temi fondamentali per il futuro di tutti i cittadini europei. L’incontro è infatti dedicato a occupazione e crescita ma il fulcro di tutto sarà il Pilastro Europeo dei Diritti Sociali, strumento volto a rafforzare sistema della protezione sociale e per il quale il presidente Junker, nel settembre scorso, ha auspicato la piena adesione di tutti gli Stati Membri al fine di evitare frammentazione.

A tal proposito, prenderà parte come membro della Social Platform anche il presidente dello European Disability Forum che illustrerà i messaggi dell’EDF basati della recente risoluzione dello stesso Forum sul Pilastro Europeo dei Diritti Sociali (clicca qui per maggiori informazioni in merito)

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SCUOLA: LA NORMATIVA INCLUSIVA E QUEI DECRETI DELLA DISCORDIA

Chiude un ideale percorso di approfondimento della normativa sull’inclusione scolastica in Italia, il libro La normativa inclusiva nella «Buona scuola». I decreti della discordia, uscito qualche giorno fa per i tipi di Erickson.

Si tratta infatti della terza opera di tema analogo, pubblicata nel giro di un paio di anni, dopo Il diritto alla partecipazione scolastica (di Salvatore Nocera, Key Editore, 2015) e La normativa inclusiva nella nuova legge di riforma sulla “buona scuola” (di Salvatore Nocera e Nicola Tagliani, Key Editore, 2015) dei quali anche Superando si era ampiamente occupato a suo tempo (a questo e a questo link).

Gli Autori del nuovo testo sono ancora Salvatore Nocera – una delle più prestigiose “firme” di «Superando.it», esperto di lunga data del settore e già vicepresidente nazionale della FISH* (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), della quale presiede attualmente il Comitato Nazionale dei Garanti – e Nicola Tagliani, psicologo, entrambi esperti dell’Osservatorio Scolastico dell’AIPD (Associazione Italiana Persone Down), i cui documenti costituiscono la base stessa di questo volume.

Nella prima parte del libro viene descritto il travagliato iter e le ragioni che hanno spinto il Parlamento e il Governo a pubblicare gli otto Decreti Delegati applicativi della Legge di Riforma cosiddetta La Buona Scuola (Legge 107/15). Nella seconda parte, poi, vengono descritti e commentati i Decreti specificamente dedicati all’inclusione scolastica degli alunni con disabilità (66/17), alla formazione iniziale dei docenti (59/17), alla valutazione degli alunni (62/17) e al sistema integrato zero-sei anni per gli aspetti concernenti l’integrazione scolastica (65/17).

Il tutto mettendo in luce gli aspetti positivi e anche quelle che vengono ritenute una serie di criticità. Ampio spazio, inoltre, viene dato all’ampio dibattito attualmente ancora in atto tra i favorevoli e i contrari alla riforma e quindi agli stessi Decreti Delegati.

«Il testo – si legge nella presentazione editoriale – è importante per le famiglie, i dirigenti scolastici, i docenti, gli operatori socio-sanitari che intervengono nel processo inclusivo, nonché per gli avvocati che sostengono le famiglie nelle controversie con l’Amministrazione Scolastica e gli Enti Locali, a causa del mancato rispetto della normativa di tutela dei diritti degli alunni con disabilità. Esso infatti coordina la normativa preesistente e la più recente giurisprudenza costituzionale e del Consiglio di Stato con le novità introdotte dai Decreti Attuativi della Legge 107/15 e si conclude con un appello al rilancio della pedagogia e della didattica, che negli ultimi anni stanno rischiando, a causa di cattive prassi, di essere sopraffatte dai troppi ricorsi alla Magistratura».

*Cui Anffas Onlus aderisce

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“UNO SGUARDO ANTROPOLOGICO SULLA DISABILITÀ”

“Uno sguardo antropologico sulla disabilità” è il titolo dibattito che si svolgerà giovedì 16 novembre a Cinisello Balsamo (Mi) nell’ambito del progetto L-inc Laboratorio di Inclusione sociale disabilità e che ruoterà attorno ai contenuti del libro “Il silenzio del corpo. Antropologia della disabilità” di Robert F.Murphy.

La traduzione italiana del testo, edita nel 2017 da Erickson, diventa l’occasione per discutere del contributo di questo autore all’interno dell’articolato campo di studi della disabilità.

L’appuntamento alle 17:30 presso il Centro Culturale Il Pertini di Cinisello Balsamo, spazio polifunzionale e sede della biblioteca comunale.

“Il silenzio del corpo. Antropologia della disabilità” Robert F. Murphy è un testo classico sulla disabilità rivolto a un pubblico vasto ed eterogeneo: operatori, familiari, ricercatori, comunità. Si tratta di un racconto della disabilità visto dall’interno. Murphy, affermato antropologo americano, contrae un tumore che lo porterà alla tetraplegia e poi alla morte nel 1990. La sua condizione diventa occasione per uno studio su di sé e sul mondo che lo circonda. Tra racconto autobiografico e analisi di meccanismi socio-culturali più profondi, questo testo inaugura il filone di studi antropologici sulla disabilità. Con questo percorso Murphy arriverà a teorizzare il concetto di liminalità, uno strumento analitico ormai classico per lo studio della disabilità.

Il concetto parte dal presupposto che una persona con disabilità si trova in una zona intermedia, di confine: ha abbandonato lo statuto di “normale”, ma non è estraneo al mondo; non è perfettamente sano, ma non è neanche malato; non è completamente rifiutato, ma non è neanche pienamente accettato. Tale condizione costringe la persona con disabilità a dover avere una postura davvero difficile.

Il dibattito avrà come protagonista Roberto Medeghini, che ha curato l’edizione italiana del volume, edita quest’anno dalla casa editrice Erickson. Roberto Meneghini è pedagogista e ricercatore nell’ambito dell’inclusione scolastica e sociale e attualmente collabora con il Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi “Roma 3”.

Insieme a lui, interverranno Massimiliano Verga, docente di sociologia dei diritti fondamentali presso l’Università di Milano Bicocca, e Matteo Schianchi, storico e responsabile delle attività della Mediateca Ledha (Lega per i diritti delle persone con disabilità).

Sarà Giovanni Merlo, direttore di Ledha, a moderare l’incontro. “Uno sguardo antropologico sulla disabilità” è curato da L-inc Laboratorio di Inclusione sociale disabilità, un progetto che si propone di rendere la persona con disabilità protagonista del proprio percorso di vita. È pensato come un laboratorio che vuole sperimentare diverse attività e iniziative sul territorio di Bresso, Cinisello Balsamo, Cormano, Cusano Milanino, che mettono al centro la persona con disabilità. E per farlo proverà a tramutare gli attuali costi per la cura e l’assistenza che sono a loro rivolte in investimenti nei progetti di vita e nell’attivazione della comunità per la loro inclusione sociale. Sono 60 le persone a cui L-inc si rivolgerà in tre anni. Agli inizi di Ottobre si è svolto un incontro per presentare il progetto alle prime 20 persone scelte e chiedere loro di farne parte.

L-inc nasce dal progetto “Inclusione sociale e disabilità: percorsi di sperimentazione del Budget di salute” ed è promosso da ANFFAS Lombardia (ente capofila), LEDHA-Lega per i diritti delle persone con disabilità, IPIS-Insieme per il sociale, le Cooperative sociali Arcipelago, Solaris, Il Torpedone, Università degli Studi di Milano (Dipartimento di diritto pubblico e sovranazionale), Università degli Studi di Milano Bicocca (Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale), UICI Lombardia (Unione Italiana Cechi e Ipovedenti)

L-inc è realizzato nell’ambito di Welfare in azione, un progetto di Fondazione Cariplo. Fondazione Cariplo è tra le realtà filantropiche più importanti del mondo con oltre 1000 progetti sostenuti ogni anno con 150 milioni di euro per il non profit e grandi sfide per il futuro.

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QUEI 135.447 STUDENTI CHE OGNI ANNO LASCIANO LA SCUOLA

Fonte www.vita.it Entro dicembre l’Italia avrà delle linee guida per il contrasto e la prevenzione della dispersione scolastica. L’ha annunciato la ministra Valeria Fedeli, a margine della presentazione del nuovo Focus sulla dispersione scolastica messo a punto dall’Ufficio Statistica del MIUR, a tre anni dal precedente. A scrivere le linee guida sarà la cabina di regia per il contrasto della dispersione scolastica, nominata a maggio 2017 dalla ministra con esperti quali Marco Rossi Doria, maestro di strada e già sottosegretario all’Istruzione, Anna Serafini e Enrico Giovannini.

«In questi mesi abbiamo fatto tesoro dei dati dettagliati del Miur e raccolto le esperienze delle scuole, esaminato decine di buone prassi di ogni parte d’Italia e in particolare il lavoro in rete tra le scuole e le altre realtà educative: centri sportivi, terzo settore, parrocchie, volontariato», spiega Marco Rossi Doria.

«La Cabina di regia ha recepito linee di indirizzo da regioni, enti locali e proposte dalle parti sociali. La relazione finale sarà pronta entro dicembre. Intende essere uno strumento di lavoro che metterà insieme i dati quantitativi e le analisi qualitative dei contesti elaborando articolate linee di indirizzo e raccomandazioni per l’azione».

Il quadro europeo In Europa l’indicatore utilizzato per la quantificazione il fenomeno della dispersione scolastica è quello degli early leaving from education and training (ELET), che misura la quota dei giovani tra i 18 e i 24 anni d’età con al più il titolo di scuola secondaria di I grado o una qualifica di durata non superiore ai 2 anni e non più in formazione.

L’Italia è il quinto Paese in Europa con più giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi, dopo Malta, Spagna, Romania e Portogallo. L’indicatore sta migliorando: nel 2016 era al 13,8% contro il 20,8% del 2006. L’Italia si avvicina dunque all’obiettivo Europa 2020, che prevede di scendere per quella data al livello del 10%.

Il dettaglio regionale evidenzia il divario fra Nord e Sud con Sicilia, Campania, Sardegna, Puglia, Calabria, sopra la media nazionale della dispersione.

La secondaria di I grado Nell’anno scolastico 2015/2016, 14.258 ragazze e ragazzi, pari allo 0,8% di coloro che frequentavano la scuola secondaria di I grado, hanno abbandonato gli studi in corso d’anno o nel passaggio fra un anno e l’altro. Al Sud la propensione all’abbandono è maggiore, con l’1% (l’1,2% nelle isole e 0,9% al Sud).

Tra le regioni con maggiore dispersione spiccano la Sicilia con l’1,3%, la Calabria, la Campania e il Lazio con l’1%. La percentuale più bassa si evidenzia in Emilia Romagna e nelle Marche con lo 0,5%.

I maschi abbandonano più delle femmine (l’abbandono complessivo per i soli alunni maschi è stato, nel periodo considerato, pari allo 0,9% mentre per le femmine allo 0,7%).

La dispersione scolastica colpisce maggiormente i cittadini stranieri rispetto a quelli italiani: la dispersione fra loro è al 3,3%, contro lo 0,6% relativo agli alunni con cittadinanza italiana. Gli stranieri nati all’estero, con una percentuale del 4,2%, sembrano essere in situazione di maggiore difficoltà rispetto agli stranieri di seconda generazione, che hanno riportato una percentuale di abbandono complessivo del 2,2%.

L’abbandono è più frequente fra coloro che sono in ritardo con gli studi: la ripetenza può essere considerato un fattore che precede, e in certi casi preannuncia, l’abbandono.

La percentuale di alunni che hanno abbandonato il sistema scolastico è pari al 5,1% per gli alunni con alle spalle bocciature e allo 0,4% per gli alunni in regola. Anche gli alunni anticipatari presentano una percentuale di abbandono superiore a quella degli alunni in regola (1,1%).

La dispersione nel passaggio fra i cicli

Che succede nel passaggio fra le medie e le superiori? Tra i 556.598 ragazzi che hanno frequentato la terza media nell’anno 2015/2016, 34.286 sono usciti dal sistema scolastico a settembre 2016, pari al 6,16% della platea di riferimento. Percentuali elevate si sono registrate in Lombardia, Piemonte, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Sicilia e Lazio. Come macroaree, il Nord Ovest ha riportato una percentuale di uscita dal sistema scolastico nel passaggio tra l’a.s. 2015/2016 e l’a.s. 2016/2017 dell’11,9%, il Nord Est del 6,8%, il Centro dell’1,5% e il Mezzogiorno del 3,1%. Questo fenomeno è da considerare alla luce della maggior diffusione in queste regioni di corsi di Istruzione e Formazione Professionale svolti in strutture accreditate dalle Regioni: il 4,47% di queste ragazze e questi ragazzi infatti passa alla formazione professionale regionale, lo 0,02% è andato in apprendistato, lo 0,06% ha abbandonato per validi motivi (istruzione parentale, trasferimento all’estero).

Solo l’1,61% ha abbandonato del tutto: si tratta però pur sempre di 8.949 ragazzi. Ancora una volta il fenomeno della dispersione scolastica colpisce maggiormente i cittadini stranieri rispetto a quelli italiani: nel passaggio tra la scuola secondaria di I e di II grado la percentuale di alunni stranieri che ha abbandonato gli studi è del 5,72%, contro l’1,2% relativo agli alunni con cittadinanza italiana.

La scuola di II grado

L’abbandono nella scuola di II grado è del 4,3%: 112.240 ragazze e ragazzi che hanno lasciato gli studi. Degli oltre 2.613.000 alunni frequentanti all’inizio dell’anno scolastico 2015/2016, 40.780 alunni hanno interrotto la frequenza scolastica senza valida motivazione, prima del termine delle attività didattiche. Gli alunni che hanno abbandonato tra un anno e l’altro la scuola secondaria di II grado, sono 71.460. L’abbandono è molto elevato nel primo anno di corso (7%). I maschi abbandonano più delle femmine: per la popolazione studentesca maschile l’abbandono complessivo è stato del 5,1%, parecchio più elevato di quello relativo alla popolazione femminile, pari al 3,4%.

Il Mezzogiorno ha una percentuale più elevata della media nazionale (4,8%). Tra le regioni con maggiore abbandono spiccano Sardegna, Campania e Sicilia, con punte rispettivamente del 5,5%, del 5,1% e del 5,0%. Mentre le percentuali più basse si evidenziano in Umbria con un valore del 2,9% e in Veneto e Molise con valori del 3,1%. Nelle scuole paritarie si registra un maggiore abbandono con una percentuale del 7,6% contro il 4,1% delle scuole statali.

Considerando il dettaglio della cittadinanza degli alunni, anche per quest’ordine scolastico è evidente come il fenomeno della dispersione scolastica colpisca maggiormente i cittadini stranieri rispetto a quelli italiani. Analizzando il fenomeno dal punto di vista della regolarità del percorso scolastico, come prevedibile la percentuale di abbandono che appare nettamente più elevata è quella degli alunni con ritardo scolastico (14,5% contro 1,2% degli alunni in regola). L’abbandono complessivo più contenuto si è registrato per i licei, che hanno presentato mediamente una percentuale del 2,1%. Per gli istituti tecnici la percentuale è stata del 4,8% e per gli istituti professionali dell’8,7%. La percentuale di abbandono più elevata è relativa ai percorsi IeFP (corsi di Istruzione e formazione professionale realizzati in regime di sussidiarietà presso le scuole), con un abbandono complessivo del 9,5%.

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PILASTRO SOCIALE EUROPEO, LE DICHIARAZIONI DI POLETTI

Fonte www.lavoro.gov.it – Il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Giuliano Poletti, ha presieduto il convegno “L’EUROPA DEI CITTADINI. Per un futuro di inclusione, crescita ed equità SOCIALE”. Obiettivo dichiarato dell’evento – che si è svolto ieri a Roma, in Palazzo Rospigliosi – la promozione di una riflessione plurale e partecipata nella prospettiva di riavvicinare l’Europa ai cittadini, ai loro veri bisogni, alle loro aspirazioni, affinché nessuno sia lasciato indietro. Il tutto, in previsione del Vertice dei Capi di Stato e di Governo, che avrà luogo a Göteborg, in Svezia, il prossimo 17 novembre, e che vedrà la partecipazione delle Parti Sociali europee.

Sarà proprio in occasione di questo incontro che i vertici dell’Unione Europea rilanceranno la dimensione sociale al centro dell’agenda e proclameranno il “Pilastro Sociale europeo dei diritti” che punta alla crescita sostenibile, al progresso economico e sociale, alla solidarietà, per promuovere standard sociali e di occupazione sempre più elevati.

Tre la macro aree su cui agirà il Pilastro: pari opportunità e accesso al mercato del lavoro, condizioni di lavoro eque, protezione sociale e inclusione.

Il convegno di Roma si è articolato su due sessioni di approfondimento, moderate dal giornalista Lorenzo Robustelli, Direttore di Eunews.

Alla prima – dedicata a “Il futuro sociale dell’Europa: quali contenuti nel nuovo Pilastro Sociale europeo?” – ha preso parte Il Ministro Poletti assieme a Luca Visentini, Segretario Generale della Confederazione Europea dei Sindacati, Ruth Paserman, Vice Capo di Gabinetto della Commissaria Marianne Thyssen, Claudia Fiaschi, portavoce del Forum Nazionale Terzo Settore*, e Cristina Grieco, coordinatrice Assessori Regionali al Lavoro. Il Ministro ha subito illustrato la filosofia dell’incontro, dal punto di vista politico e sociale. Spesso le vicende europee sono distanti dai cittadini, ha posto in evidenza, e per questo sono indispensabili informazione, confronto e conoscenza. Proprio ponendo l’indice sulla disaffezione verso le Istituzioni dell’Unione, Poletti ha rilevato che il dialogo tra tutti i protagonisti è necessario poiché nessun potere è oggi “in grado di fare da solo”.

Sull’imminente proclamazione del Pilastro Sociale, il Ministro ha proseguito sul valore politico ed etico del documento: per il Governo italiano, ha detto, il Pilastro è un elemento primario, che pone in connessione la dimensione economica con quella sociale. Per questo, ha concluso, è auspicabile “coerenza di fondo a livello europeo, tra le politiche del lavoro, della finanza pubblica, degli investimenti e della ricerca, della tutela dell’ambiente”.

Ad avviso di Luca Visentini, è importante che si ritorni a parlare di Europa sociale e, in tale ottica, “il Pilastro può essere uno strumento straordinario per il riequilibrio”. Una valutazione positiva la sua, al termine della quale ha condiviso l’auspicio espresso dal Ministro affinché “i venti principi si traducano in realtà con scelte legislative e politiche che vadano nella loro direzione”. Ruth Paserman ha posto l’accento sul valore dell’accordo raggiunto sul Pilastro e, per l’ampio respiro dei suoi contenuti, ne ha pronosticato una lunga vita, a patto che a esso seguano adeguate scelte legislative.

Sul tema, ha ricordato che “le politiche non devono gravare sulle persone, ma devono tenere conto dei più deboli”.

Anche Claudia Fiaschi, ha espresso apprezzamento sul documento poiché ritiene che la visione dell’Europa sociale sia stata ben declinata al futuro. “Non è più il tempo delle politiche frammentate”, ha detto, e sarà indispensabile “trovare soluzioni comuni per il capitale umano e per quello economico” poiché, ha terminato, lo sviluppo non può prescindere dal rafforzamento dell’economia sociale.

Cristina Grieco ha ricordato il ruolo delle Regioni nelle politiche sociali, fondamentale poiché esse detengono competenze esclusive su più della metà degli ambiti di cui si occuperà il Pilastro. L’obiettivo, ha spiegato, è “lavorare sempre per ridurre le diseguaglianze, per contrastare la marginalità sociale” e, per questo, sono auspicabili accordi tra livelli istituzionali differenti.

La seconda sessione si è svolta sul tema “Dare corpo ai principi: quali strumenti legislativi, finanziari e di governance per l’attuazione del Pilastro? Quali priorità per l’Italia?”. A essa hanno partecipato Sandro Gozi, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Vittorino Facciolla, Coordinatore della Commissione politiche sociali della Conferenza delle Regioni, Susanna Camusso, Segretaria Generale CGIL, Gigi Petteni, Segretario Confederale CISL, Maurizio Stirpe, Vice Presidente di Confindustria, e Carmelo Barbagallo, Segretario Generale UIL.

Il Sottosegretario Sandro Gozi ha apprezzato l’idea del convegno e ha ripercorso la storia recente delle politiche sociali dell’Unione. “Ci sono stati gravi errori di impostazione, che hanno anche acuito le diseguaglianze – ha chiarito, fin da subito – aggravando alcuni scenari già in crisi”. Gozi ha ricordato che il tema sociale è tra i principali obiettivi dell’UE e che, con il nuovo Pilastro Sociale, dopo l’anniversario dei Trattati di Roma, c’è davvero la possibilità di fare un cambio di marcia”.

Per Vittorino Facciolla, è bene che alla proclamazione del Pilastro seguano provvedimenti di concretezza, anche sul versante economico: “Occorrono risorse strutturali, ha esortato, che siano utilizzate davvero dove servono e che rispondano alle esigenze dei cittadini”. Secondo Susanna Camusso, l’attuale Europa è fortemente in ritardo sul sociale, con un “livello di diseguaglianze molto alto, nei Paesi e tra i Paesi”.

Sulla filosofia del Pilastro, ha ricordato che è “importante e coerente il considerare i lavoratori come persone che hanno dei diritti”. Per la leader della CGIL, è bene che non vi siano difformità di trattamento e, per questo, è auspicabile “costruire politiche sociali che non siano in contraddizione tra i Paesi dell’UE”. Ad avviso di Gigi Petteni, il Pilastro Sociale è ottimo ma a esso dovranno seguire adeguati interventi risorse per renderlo concreto: “Tradurre i principi in realtà, è questa la nostra sfida”. E sui lavoratori, ha proseguito, il loro ruolo deve essere di piena partecipazione. Infine, il tema salariale che non è secondario: il lavoro va pagato di più”. Per Maurizio Stirpe, non si deve mortificare mai il dialogo tra le parti sociali, sia pure nel rispetto reciproco dei ruoli.

Per questo motivi, ha apprezzato il Pilastro che, secondo gli industriali italiani, dovrà essere “uno strumento per l’obiettivo della crescita, poiché soltanto attraverso la crescita si possono combattere diseguaglianze e povertà, far lievitare il tasso di occupazione e mantenere il livello di welfare che è stato faticosamente costruito nel tempo”.

Il Vice Presidente di Confindustria si è anche soffermato sul tema dei maggiori costi: “Non ci spaventano, ha precisato, perché per certi versi sono investimenti, come quando sono destinati alla formazione delle risorse umane”. Anche Carmelo Barbagallo ha commentato il tema del distacco tra cittadini e Istituzioni: dobbiamo fare di più, ha affermato, per “interrompere la disaffezione verso l’Europa e in questa direzione anche il Pilastro può essere utile”. Parallelamente, ha auspicato azioni comuni per “per aumentare i salari e per recuperare le incongruenze tra Paesi dell’Unione”.

Al termine della seconda sessione, il Ministro Poletti ha svolto il bilancio dei lavori sulla base dei numerosi spunti emersi durante i dibattiti. Nel raccogliere le osservazioni avanzate da alcuni relatori, ha voluto subito sgombrare il campo da possibili fraintendimenti: “È del tutto evidente – ha detto – che la proclamazione del Pilastro Sociale avrà effetti se ci saranno atti concreti a dargli attuazione pratica”. Il Ministro ha espresso soddisfazione per il lavoro svolto per arrivare al testo finale del documento e ne ha ricordate “le tappe lunghe e impegnative, le difficoltà incontrate nel percorso, fino all’ultimo istante”. Per questo, ha richiamato l’attenzione della platea soprattutto sul significato e il valore del Pilastro.

Dalle osservazioni svolte dai giovani – studenti, volontari del Servizio Civile, partecipanti ai percorsi di alternanza scuola-lavoro di ENI ed ENEL – che al mattino, prima del convegno, erano stati protagonisti di un apprezzato e schietto confronto proprio sui temi del Pilastro e dell’Europa Sociale, il Ministro Poletti ha colto la conferma di quanto fosse sentita “l’esigenza di un momento di dialogo e di confronto”

Sui temi dell’inclusione sociale e del sostegno al reddito, ha terminato il Ministro, non va dimenticato che occorrono anche infrastrutture e competenze, oltre a passione e volontà, perché esse sono fondamentali “per fare bene il bene”.

*Cui Anffas Onlus aderisce

Per maggiori informazioni sul Pilastro Europeo clicca qui

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DOPO DI NOI, POVERTÀ, BONUS BEBÉ: GLI EMENDAMENTI SOCIALI

Fonte www.vita.it – Pochi se ne sono accorti, perché si parla di tabella 4, stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Missione 3, programma 3.2. Ma lì, in quella tabella allegata alla legge di bilancio scritta dal Governo nei giorni scorsi, mancano 5 milioni per il Fondo per il Dopo di Noi, tanto per il 2018 quanto per il 2019.

Un emendamento dei senatori Pd della Commissione Lavoro e Previdenza Sociale del Senato, va così a «rifinanziare di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019 il Fondo per l’assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare di cui all’articolo 3, comma 1, della legge 22 giugno 2016, n. 112».

Fra i 3.500 emendamenti presentati al disegno di legge n. 2960, ossia alla legge di bilancio per il 2018, ce ne sono otto presentati dai senatori Pd della Commissione Lavoro che sono di particolare rilevanza per le tematiche sociali. Uno è certamente quello che mantiene il Fondo per il Dopo di Noi all’entità stabilita dalla legge 112, altri due sono invece relativi al Reddito di Inclusione, la misura nazionale contro la povertà che debutterà con il 1 gennaio 2018 (le domande si possono presentare già dal 1 dicembre 2017).

Reddito di Inclusione

La legge di stabilità presentata dal Governo già modificava quanto definito nel decreto di settembre, facendo passi avanti nella direzione del reale universalismo della misura: il disegno di legge prevede che da luglio 2018 non ci siano più categorie di accesso al ReI, tranne l’essere in povertà assoluta e stanzia più risorse, purtroppo ancora insufficienti per raggiungere l’intera platea delle persone in povertà assoluta (la previsione ora è di arrivare a un povero su due contro il 30% che si sarebbe raggiunto con lo stanziamento previsto finora). Ora due emendamenti vanno a perfezionare l’architettura del ReI, prima ancora del suo debutto: un primo emendamento aumenta dal 15% al 20% del Fondo la quota di risorse da destinare obbligatoriamente all’implementazione dei servizi sociali, necessari per rendere concreto il ReI, che prevede non solo una erogazione monetaria ma anche un progetto personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa, per uscire dalla condizione di povertà, che va rispettato pena la perdita del beneficio.

Fino ad oggi la quota vincolata per rafforzare i servizi sociali territoriali era di «almeno il 15% del Fondo», pari a 262 milioni di euro per l’anno 2018 e 277 milioni di euro a partire dall’anno 2019. Ora l’emendamento alza la quota ad «almeno il 20%».

Un secondo emendamento prevede che «al fine di garantire sistematicamente l’infrastruttura sociale della legge e i servizi» richeista dal ReI come livello essenziale, «possono essere effettuate assunzioni di assistenti sociali in deroga ai divieti e alle limitazioni di nuove assunzioni previste dalla legislazione vigente, anche nel caso in cui l’amministrazione interessata sia in situazione di soprannumerarietà ovvero in condizioni strutturalmente deficitarie o in stato di dissesto».

Questo punto era presente nel testo del decreto del ReI entrato il 9 giugno in Consiglio dei Ministri, mentre era scomparso nel testo poi trasmesso dal Governo alle Camere e approvato.

Fondo Non Autosufficienza

Il Fondo Non Autosufficienza già con la legge di bilancio 2017 avrebbe dovuto essere di 500 milioni. Alla fine, in legge di bilancio ci furono solo 450 milioni più 50 inseriti nel decreto sul Mezzogiorno; poi venne la questione dei tagli legati ai minori trasferimenti da fare alle regioni. Insomma, un pasticcio.

Le tabelle della legge di bilancio 2018 prevedono per il Fondo Non Autosufficienza uno stanziamento di 450 milioni di euro, ragione per cui un emendamento dei senatori Pd della Commissione Lavoro e Previdenza Sociale stanzia 50 milioni aggiuntivi per l’anno 2018.

Il tema del “taglio” ai fondi sociali legato agli accordi fra Stato e Regioni si ripresenterà anche quest’anno. Le Regioni stimano le risorse da ripartire nel 2018 scenderanno (di cui all’articolo 68 della manovra) di 142 milioni nel Fondo Non Autosufficienza (che da 450 milioni passerebbe nella realtà a 307) e di 97 milioni nel Fondo per le Politiche Sociali (da 307 a 210).

Bonus Bebé

Il caso, in questo caso, è esploso immediatamente. Nella legge di bilancio ad oggi si stanziano 100 milioni per un Fondo da destinare a interventi per le politiche della famiglia, ma non c’è traccia invece di un rifinanziamento del bonus bebé, in scadenza con il 31 dicembre 2017. Ora un emendamento prolunga il bonus bebé «per ogni figlio nato o adottato tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2018, fino al compimento del secondo anno di età ovvero del secondo anno di ingresso nel nucleo familiare a seguito dell’adozione».

I relativi maggiori oneri sono pari a 107,4 milioni di euro per l’anno 2018, 285,7 milioni di euro per l’anno 2019, 305,9 milioni di euro per l’anno 2020 e 158 milioni di euro per l’anno 2021.

Sistema duale

Il sistema duale, ovvero la possibilità di studiare lavorando, è partito in Italia grazie a una sperimentazione biennale, che ora volge al termine. Il sottosegretario Bobba soltanto a metà settembre aveva detto che «come Ministero del Lavoro abbiamo chiesto di inserire un finanziamento nella legge di bilancio per il Duale e l’alternanza scuola lavoro un finanziamento annuale, in modo che anche le Regioni possano programmare le attività con certezza. Ci aspettiamo che nella prossima legge di bilancio ci sia una cifra analoga a quella messa sulla sperimentazione, quindi di circa 80/85 milioni di euro l’anno».

Questo stanziamento per il duale, che lo facesse uscire dalla sperimentazione e lo rendesse strutturale, non c’era. Un emendamento ora cancella dall’articolo 32 del decreto legislativo 14 settembre del 2015, n. 150 tutti i riferimenti alla dimensione sperimentale del duale e stanzia 60 milioni di euro per il triennio 2018-2020.

Ape sociale

I senatori della Commissione lavoro e politiche sociali hanno presentato tre emendamenti per estendere l’Ape sociale al 2019 e la relativa platea di destinatari. In particolare ad oggi più del 70% delle domande vengono respinte dall’Inps perché i disoccupati che la chiedono non rispondono ai requisiti previsti. Un emendamento allarga la platea a chi, avendo maturato almeno 30 anni di contribuzione, si trova in stato di disoccupazione senza indennità da almeno 3 mesi, a seguito di licenziamento, a prescindere dal tipo di rapporto di lavoro. Sul fronte del decreto fiscale si lavorerà nei prossimi giorni affinché le risorse destinate all’Ape sociale avanzate dal 2017 possano essere utilizzate sull’Ape sociale per il 2018.

Caregiver familiare

Al Senato c’è in discussione una legge sul riconoscimento del caregiver familiare. Un emendamento punta ora a creare un fondo destinato ai caregiver (la richiesta è di 60 milioni per il triennio 2018-2020) che supporti eventualmente la previdenza e l’assistenza. Inusuale? È già accaduto con il dopo di noi e il ReI: prima è nato il fondo, poi è arrivata la legge. Per Annamaria Parente, capogruppo Pd in Commissione Lavoro e Politiche Sociali, già relatrice per le leggi sul dopo di noi e il reddito di inclusione, «ogni sforzo andrà per rafforzare le politiche sociali e in particolare le misure già in campo, che hanno bisogno di una spinta ulteriore per arrivare alla piena e reale attuazione».

Per approfondire leggi il comunicato stampa di Anffas Onlus sulla Legge di Bilancio cliccando qui

Ascolta anche l’intervento radiofonico sul tema del presidente Speziale cliccando qui

Per approfondire leggi l’articolo “Legge di Bilancio. Dalle tasse sul fumo alle misure per il personale, dall’abolizione del superticket ai fondi per le non autosufficienze. Ecco tutti gli emendamenti per la sanità”

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LE LEGGE DI BILANCIO SI DIMENTICA DELLE PERSONE CON DISABILITÀ

“Abbiamo iniziato ad analizzare il disegno di legge (A.S. 2960) presentato lunedì scorso al Senato e siamo rimasti assolutamente sconcertati nel riscontrare la mancanza di interventi a favore delle persone con disabilità, registrando anche un arretramento rispetto a quanto previsto negli anni precedenti o addirittura rispetto ad altre situazioni di fragilità”, così commenta Roberto Speziale, Presidente Nazionale di Anffas Onlus (Associazione Nazionale Famiglie di persone con disabilità intellettiva e/o relazionale), annunciando quindi una forte presa di posizione rispetto al dibattito parlamentare che è iniziato questa settimana.

“Per esempio, a fronte di un allungamento al 31.12.2019 del periodo di richiesta per l’APE, non ritroviamo una simile previsione per l’APE Sociale, che interessa lavoratori più fragili, quali quelli con disabilità o quelli che assistono con continuità familiari con disabilità grave”, continua Speziale.

“Cos’altro c’è tra legge di bilancio e decreto fiscale collegato (A.S. 2942)? Poco altro e niente!”

Soprattutto Anffas punta il dito sull’assoluta mancanza di misure a sostegno dei caregiver familiari, proprio in un momento storico in cui nella Nazione e in Parlamento alta è l’attenzione sul tema.

“Occorre valorizzare il supporto informale dei caregiver attraverso misure che diano un sostegno previdenziale, ma anche di coordinamento con quanto istituzionalmente comunque la Pubblica Amministrazione deve continuare a garantire alle persone con disabilità”, puntualizza Speziale.

Per Anffas la conferma del Fondo Nazionale per la non autosufficienza di 450 milioni di euro, da cui rinvenire anche le risorse per la Vita indipendente, risulta abbastanza esile dopo che con la Legge n. 112/2016 (sul “durante noi, dopo di noi”) si è avviato un processo ormai inarrestabile di necessaria individuazione degli interventi e delle attività a favore di ciascuna singola persona con disabilità attraverso uno specifico progetto individuale di vita, che traguardi le sue varie dimensioni in relazione agli specifici contesti vissuti quotidianamente.

Conclude allora Speziale: “Basta con un welfare assolutamente prestazionistico, standardizzato e meramente assistenzialistico – neppure adeguatamente supportato col disegno di legge – vogliamo un welfare che guardi alla persona con disabilità, così come con altre fragilità e costruisca insieme alla stessa un percorso di inclusione vera e di giusti supporti per il miglioramento della sua qualità di vita in ottica assolutamente propulsiva, potenziando le esperienze di vita indipendente, di percorsi per il dopo di noi, di supporto ai sostegni formali; diversamente la spesa pubblica continuerà ad essere sterile. Stiamo già approntando proposte serie e coerenti a tale impianto da discutere con tutti gli interlocutori politici e sociali”.